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Ipotetiche conversazioni tra un immigrato digitale ed un nativo digitale

Ere e Persone diversamente digitali a confronto

Wikipedia sostiene che l’espressione immigrato digitale (digital immigrant) si applica ad una persona che è cresciuta prima delle tecnologie digitali e le ha adottate in un secondo tempo. Eccomi, piacere, sono Giuliano Caggiano, nato il 16/06/1971.

Sempre secondo l’enciclopedia on-line nata nel 2011, nativo digitale (digital native) è il termine coniato da Marc Prensky nel suo articolo Digital Natives, Digital Immigrants, pubblicato nel 2001, e si riferisce generalmente alle persone nate (negli USA) dopo il 1985.

Attualmente l’espressione nativi digitali identifica quella generazione che è nata e cresciuta insieme ad Internet, una generazione sempre connessa i cui elementi costitutivi sono gli smartphone, i tablet e i servizi on-line.

Troppe date, così rischiamo di perderci di anno in anno, di Wikipedia in Wikipedia! Proviamo a mettere ordine.

Cosa è successo nel 1971? L’anno di nascita del sottoscritto, l’immigrato digitale:

  • Apre il primo Hard Rock Cafe
  • Greenpeace inizia la sua attività
  • John Lennon pubblica Imagine
  • Intel lancia il suo primo micro-processore
  • Fondazione di Medici senza Frontiere
  • Nascono Jaques Villeneuve e Pete Sampras
  • Scompare Jim Morrison

E nel 1985?  L’ipotetica data di nascita dei nativi digitali in USA:

  • Viene registrato We Are the World
  • Ritorno al futuro sbarca al cinema
  • Concerto evento, Live Aid
  • Esce Super Mario Bros
  • Microsoft lancia la prima versione di Windows
  • Nascono Tania Cagnotto e Micheal Phelepes
  • Scompare Italo Calvino

E oggi? Quale può essere la sottile linea di conversazione tra una persona che è nata quando Intel ha lanciato il suo primo micro-processore e una generazione che è nata con la prima versione di Windows?

La generazione sempre in linea (always on) nata con un telefonino in mano, è la generazione degli “screttori” (wreaders), capaci di leggere solo mentre scrivono, campioni del multitasking e del touch screen, supportati da un modello di cognizione cosiddetta connettiva. Ci dice Derrick De Kerckhove che si tratta di persone dotate di una mente accresciuta (augmented mind), “esteriorizzata, condivisa, moltiplicata, accelerata, accessibile in ogni singolo elemento e generalmente elaborata in un processo connettivo che avviene fuori dalle teste dei nativi digitali”.

Per poter ipotizzare delle conversazioni con questa generazione urge cominciare a studiare tutte le nuove forme del sapere. E acquisire conoscenze e competenze “composite”. Quando si sposta dalla pagina allo schermo e in modo significativo ad un ambiente interconnesso, il discorso si decentralizza; le definizioni e le relazioni convenzionali subiscono automaticamente un cambiamento sostanziale. Questa generazione non ha solo bisogno di calarsi nelle parole e nelle immagini, ma di vedersi come interprete di ciò che ha imparato, come colui che si rappresenta il sapere e se ne appropria

E quando questa generazione si siede in un’aula di formazione, oppure partecipa ad un web seminar, interagisce in una pagina social, in un blog, con WhatsApp, in quale modo vuole conversare? Integrando significati. Eccola, l’ipotetica conversazione tra l’immigrato e il nativo digitale è una conversazione in cui il significato portato dai singoli si accumula e si integra, combinandosi con i messaggi provenienti dai diversi media. Lo spostamento di una visione personale del mondo dall’individuo alla rete comporta così una radicale riconfigurazione dei significati.

La conversazione trasformata in software diventa malleabile, fluida, intercambiabile è ormai una “conversazione digitale” in grado di generare altre infinite (ipotetiche) conversazioni tra immigrati e nativi digitali.