Da un po’ di tempo mi sento catapultata dentro questo status di ansia e stress davvero poco piacevole, dovendo affrontare una serie di vicissitudini quotidiane. La ciliegina sulla torta è arrivata alcuni giorni fa, quando mi è giunta notizia di un grave lutto, che ha colpito la famiglia di un caro amico: una notizia che mi ha decisamente turbata.
Raggiunta dalla rabbia e da un picco di tristezza, ho provato a meditare. La mente ha iniziato a divagare, mostrandomi l’immagine di un episodio accaduto alcuni giorni prima, rivelatosi poi per me molto prezioso.
Torno a quel momento… a quando sono entrata per la prima volta nella camera della mia nuova coinquilina. Tra quadri colorati, collane hawaiane, peluche e candele profumate, in un’atmosfera calda e accogliente, un oggetto colpisce in particolare la mia attenzione: una tavola da surf appoggiata sulla parete, compagna – scoprirò in seguito – di una sua grande passione. Da amante dello sport, fin da piccola ho guardato i surfisti “da lontano”, con tanta ammirazione, pensando che non avrei mai avuto il coraggio di affrontare il mare e cavalcare le onde: è pericoloso, è folle. La mia coinquilina mi racconta che il surfing non si improvvisa: ci vuole impegno, passione, costanza e anche sacrificio, come mostrano i tagli sulle dita dei suoi piedi, frutto di incontri poco fortunati con gli scogli dell’oceano.
“Perché lo fai? Non hai paura?”
Chiedo io.
Lei mi confida che la paura puoi governarla se conosci il mare, e che l’emozione di cavalcare un’onda che “ti porta su” è talmente unica e impagabile, che… ne vale sempre la pena. Resto sorpresa – invece – quando mi confida la sua paura del buio: ha più timore di una lampadina spenta nel cuore della notte, che di affrontare le onde dell’oceano.
Penso allora a quanto tutto sia relativo e soggettivo: sebbene possa sembrare assurdo, che un elefante abbia paura di un topo, nessuna paura può essere giudicata. Perché ogni paura discende dai vissuti e dalle situazioni sperimentate e quindi va rispettata. La sua grandezza dipende dal peso che ognuno porta dentro di sé.
Spesso siamo i primi a giudicare noi stessi, a sentirci imperfetti, senza renderci conto di quanta forza e quante potenzialità abbiamo, per affrontare le difficoltà che la vita ci pone.
Quell’episodio mi ha permesso di vedere il surfing come una preziosa e utile metafora del modo di affrontare la vita e il lavoro.
Il mondo in cui viviamo oggi è in continuo mutamento, presenta caratteri di instabilità e dinamicità. Il filosofo Bauman afferma che viviamo in una “società liquida”, in cui tutto è incerto e in cui mancano i punti di riferimento “solidi” del passato. L’unica cosa permanente è il cambiamento continuo; l’unica certezza è l’incertezza delle situazioni e dei rapporti, che non sappiamo più affrontare e gestire, perché caratterizzati da profonda mutevolezza.
Ci troviamo quindi in mare aperto, privi di una bussola che ci indichi la strada sicura da seguire. Che fare, allora? Ritrovare noi stessi, riscoprire le nostre risorse e sviluppare nuove competenze, dotarci di nuovi strumenti e approcci alla vita, per affrontare qualcosa che non conosciamo e che – proprio per questo – ci spaventa. A pensarci bene, anche il surfista si trova a contatto con un elemento mutevole e imprevedibile: l’acqua.
Qual è, allora, l’ispirazione?
Cerchiamola insieme, esplorando il mondo del surfing.
#1 Prima di lanciarsi in acqua, è necessario allenarsi, prepararsi, prendere confidenza con l’ignoto.
Quando vogliamo raggiungere un obiettivo, possiamo decidere di dotarci della metodologia del coaching. Così, anche per sfidare il mare, occorre agire con strategia: lavorare su se stessi e capire come salire su una tavola, acquisire le varie tecniche provando “a secco”.
#2 Fare surfing richiede grande conoscenza e consapevolezza di se stessi e del contesto in cui ci si trova.
Per provare a sfidare le onde, è necessario prima procurarsi la giusta attrezzatura, quindi dotarsi di strumenti adatti, conoscere i propri punti di forza e le aree di miglioramento. Conoscere il contesto significa osservare quali sono gli elementi intorno: comprendere la direzione del vento, se è in arrivo un temporale, guardare le onde. E se ci sono altri surfisti? È fondamentale il rispetto per la vita propria e altrui: bisogna conoscere le regole di “convivenza” in mare, per godersi la propria esperienza senza trascurare le dovute distanze di sicurezza.
#3 Surfare implica una totale “immersione” in se stessi e nel qui e ora.
Non sono ammesse distrazioni, bisogna essere completamente presenti nel momento che si vive, affinché mente e corpo siano tutt’uno. Per scegliere l’onda giusta, è necessario avere pazienza e aspettare il momento migliore. Per proteggersi, bisogna restare in ascolto: un crampo potrebbe avvisarci che il corpo è stanco ed è meglio tornare a riva. Wow, che potente pratica di mindfulness!
#4 Per superare un momento di difficoltà, è necessario e avere self-control e attingere a tutte le risorse a disposizione.
Mi riferisco anche a risorse che magari non crediamo nemmeno di avere e che invece vengono fuori, per “riportarci a galla”. Concentrarsi sul proprio respiro è fondamentale per sincronizzare il corpo con i momenti di esperienza fuori e dentro l’acqua.
#5 Sfidare le onde aiuta a vedere i fallimenti sotto una nuova luce.
Dopo ogni caduta, ci si può rialzare e risalire in piedi sulla tavola. Questo renderà ancora più bello e ricco di soddisfazioni il momento in cui si riuscirà a cavalcare l’onda!
#6 Surfare è sentire
Significa connettersi con il mondo, con la natura, con le emozioni e riscoprire quel coraggio e quell’energia vitale che sono in noi, ma a volte sembrano mancare. È crescere superando le difficoltà. In mare non si sfidano tutte le onde, ma si scelgono solo quelle che ci si sente di affrontare, con la consapevolezza che “l’onda perfetta” non esiste: quello che conta è la sintonia tra te e quel momento. Nell’attimo in cui ci si accorge che non è possibile cavalcare un’onda perché troppo grande, la soluzione non è sfidarla con prepotenza ed incoscienza e nemmeno darsela a gambe levate. Come i bravi surfisti insegnano, la chiave è immergersi dentro l’onda: attraversarla, sentirla addosso e scoprire con meraviglia, una volta tornati su, che il peggio è passato. Questo è quello che dovremmo fare quando un’emozione forte ci attraversa: viverla senza temerla.
Salire sulla tavola fa capire come restare in equilibrio nel disequilibrio che vi è attorno. È necessario muoversi costantemente per restare su, seguendo un continuo e sottile adattamento per allinearsi al meglio.
Il surfing lascia un grande insegnamento: esprime a pieno il vero significato dell’espressione “carpe diem”, che non vuol dire fare tutto quello che capita a tiro, con incoscienza. Significa coltivare l’intensità nella quotidianità, riempirsi del momento che si vive con piena presenza, con la consapevolezza che il tempo su questa terra è limitato ed è fondamentale scegliere di vivere i momenti autentici con saggezza, semplicità e profondità, per evitare di “annegare” nella superficialità.
Pensando al mondo del lavoro, è possibile paragonare la figura del manager e quella del surfer. Un buon leader deve essere focalizzato sull’obiettivo senza perdere le relazioni con le persone che ha intorno, familiarizzare con i cambiamenti continui, essere orientato all’evoluzione, avere una visione, attingere alle proprie risorse, riconoscere quali onde “cavalcare” e in quali immergersi.
Pensando a me, rifletto sull’ennesima lezione che la vita mi dà: vivere ogni istante con autenticità e senza giudizio, prendendo ispirazione da ciò che ci circonda. Gli eventi ci travolgono, ma noi possiamo scegliere come affrontarli.
Non so se avrò mai il coraggio di cavalcare un’onda nell’oceano, ma quando sentirò nuovamente dentro di me un’onda di emozioni troppo grande pronta a travolgermi, farò un bel respiro. Se non riuscirò a cavalcarla, non avrò timore di chiudere gli occhi e immergermi. Solo così portò percepire, una volta riemersa, quanto è meraviglioso vedere il sole e sentirne il calore sul viso.